Stripe e Tech.eu hanno analizzato i finanziamenti forniti alle startup europee durante gli ultimi tre anni. I risultati hanno mostrato che gli investimenti, sia nella fase iniziale che in quella avanzata, sono quadruplicati, e le startup in fase di crescita (le cosiddette scaleup) ora ricevono il doppio del capitale rispetto a tre anni fa. La maggior parte dei finanziamenti sono raccolti da startup appartenenti ai settori Fintech, Software as a Service (SaaS) e Medtech. Sono le startup tedesche, britanniche e francesi le prime in termini di importi degli investimenti, ma anche Svezia e Svizzera sono in posizioni forti in tutte le fasi. Una quota sempre più importante del capitale a disposizione proviene da paesi extraeuropei.
Secondo la ricerca, gli investimenti nelle startup Early Stage Technology europee (EST) in Europa sono aumentati di quattro volte dal primo semestre 2015, passando da 875 milioni di euro investiti nei primi sei mesi del 2015 a oltre 3,6 miliardi di euro nel primo semestre del 2018. Il capitale totale investito nelle scaleup europee è stato di 30 miliardi di euro in oltre 2.300 round tra il 2016 e il 2018. Sia l’investimento totale nelle start-up in fase di crescita sia il numero di operazioni di finanziamento sono quasi raddoppiati negli ultimi tre anni. Le cifre rivelano che il Regno Unito (24,59%) e la Francia (24,04%) hanno generato la maggior parte delle offerte EST in Europa. Segue la Germania il 12,65%, mentre altri paesi europei hanno ricevuto un capitale considerevolmente inferiore, in particolare la Spagna (3,9%) e l’Italia (1,92%).
Il 2019 è già un anno record anche per gli investimenti in fase avanzata (Late Stage) nelle società tecnologiche europee. Gli investitori non europei sono in gran parte responsabili dell’ondata di finanziamenti a favore delle aziende tecnologiche europee; nel caso degli investimenti in fase avanzata, risulta che il 75% del denaro investito provenisse da paesi extraeuropei.
“La svolta digitale del nostro Paese non si può più rimandare, è un passaggio obbligato e una delle infrastrutture fondamentali in cui il nostro Paese deve investire è la cultura del digitale.” Roberto Liscia, presidente di Netcomm
“Dai risultati emersi dalla ricerca di Stripe e Tech.eu, emerge un’evidenza che ci consente di guardare con fiducia il tema, tanto disputato quanto importante, degli investimenti in tecnologia. In particolare, negli ultimi tre anni, gli investimenti nelle startup hi-tech europee hanno registrato una crescita senza precedenti, sia in termini di finanziamenti totali, che di volume degli investimenti effettuati: le startup Seed e quelle “Late Stage” in fase avanzata hanno visto quadruplicare i fondi a loro disposizione. In questo scenario, tuttavia, non possiamo non tenere in considerazione il ritardo epocale dell’Italia in termini di diffusione della conoscenza del digitale verso gli studenti, le imprese e i cittadini. Questo sta provocando un rallentamento del Pil italiano e della concorrenza del sistema Italia verso gli altri Paesi, anche in termini di occupazione, ossia elementi che creano un gap di accettazione e di utilizzo delle tecnologie che ci sta lasciando ai margini della trasformazione digitale in atto: per questo le priorità su cui siamo chiamati a lavorare oggi sono anche la cultura e l’etica del digitale.
È necessario, dunque, insistere sulla necessità di un’accelerazione degli investimenti in tecnologia per poter ottimizzare la produttività individuale e quella delle imprese, oltre a migliorare la capacità di utilizzare il digitale per sviluppare prodotti innovativi, con l’obiettivo a lungo termine di aumentare il Pil italiano derivante dal digitale, che oggi vale il 4%, la metà di quello dei Paesi più evoluti. Il punto di partenza per la digital transformation deve essere una nuova forma mentis delle imprese, dei cittadini e del Governo e in questa prospettiva occorre mettere gli imprenditori e le istituzioni italiane nelle condizioni di adottare le tecnologie e sviluppare la cultura digitale delle piccole medie imprese, che rappresentano la gran parte del tessuto imprenditoriale italiano.”