Nel corso del 2020 la pandemia ha costretto a rivedere i budget per l’ICT rispetto a quanto pianificato in circa metà delle grandi imprese; il 23% l’ha rivisto in aumento, il 24% in diminuzione. Ma le previsioni di investimento in ICT per il 2021 indicano una sostanziale tenuta, +0,89%, con una riduzione del trend di crescita degli ultimi tre anni. Gli investimenti in digitale si focalizzano sulle priorità imposte dall’emergenza Covid-19: per le grandi imprese in particolare Information Security, Big Data e Analytics, E-commerce e Smart Working; per le PMI al primo posto sale lo Smart Working.

I dati sono riportati dagli Osservatori Digital Transformation Academy e Startup Intelligence della School of Management del Politecnico di Milano

Nel 2020 è cresciuta la percentuale di grandi imprese (il 38%) che ha introdotto la Direzione Innovazione, mentre si riduce quella di chi gestisce le attività di innovazione in modo non strutturato. In generale l’emergenza sembra aver portato nuovi stimoli all’innovazione: secondo il 51% delle grandi imprese ha creato maggior commitment nei vertici, in altri casi più collaborazione interna e interesse all’open innovation. Il 70% delle grandi imprese si sta già dedicando alla Corporate Entrepreneurship, la capacità di sviluppare nei dipendenti attitudini imprenditoriali.

“In una situazione difficile le imprese hanno compreso come non sia possibile prescindere dalla spinta digitale, diventata condizione essenziale di resilienza, mentre i gap di digitalizzazione hanno inciso sulla possibilità stessa di sopravvivenza – commenta Mariano Corso, Responsabile Scientifico della Digital Transformation Academy -. L’emergenza Covid19 ha avuto un impatto sulle priorità di investimento e sui budget dedicati all’innovazione e anche sull’organizzazione necessaria per stimolarla: l’obiettivo deve essere quello di farne cultura diffusa in azienda e favorire il coinvolgimento a tutti i livelli”.

Il 78% delle grandi imprese italiane oggi già adotta azioni di Open Innovation, soprattutto iniziative Inbound, che incorporano internamente stimoli provenienti dall’esterno, come la collaborazione con università e centri di ricerca, la startup intelligence o lo scouting di partner tra imprese consolidate, mentre sono meno diffuse azioni Outbound, per sviluppare esternamente spunti di innovazione nati internamente, tra cui crescono in particolare le piattaforme di collaborazione realizzate per lanciare contest, raccogliere idee, erogare formazione. Quasi raddoppia l’adozione dell’Open Innovation da parte delle PMI, raggiungendo il 53%. Si diffonde la collaborazione con le startup: un fenomeno presente nel 45% delle grandi imprese e nel 15% delle PMI.

“Questi dati confermano una tendenza sempre più concreta tra le aziende ad instaurare partnership, forniture e progetti pilota con attori meno tradizionali, che spesso sono più agili e capaci di maggior collaborazione – dice Stefano Mainetti, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Startup Intelligence -. L’Open innovation si fa strada tra le imprese e le startup sono ormai riconosciute come partner validi, sia nelle fasi iniziali delle sperimentazioni sia per rapporti più stabili e strategici”.